Star Wars. Il debole della Forza

15 Dicembre 2015

“Usa la forza Luke…” Luke? Chi era costui? Alla luce dell’evoluzione della saga di Guerre Stellari, una domanda del genere sembra avere una sua pertinenza. Almeno per alcuni, i più giovani, quelli per il quale Luke è solo il protagonista della “vecchia” trilogia, quella con meno effetti speciali ma con Harrison Ford. Già, perché per loro il protagonista della prima, fortunata serie di film sembra non essere che uno dei tanti personaggi e non l’unico vero eroe in cui “credere” e in cui immedesimarsi. Da un po’ di film a questa parte infatti il vero protagonista è il cattivo, Darth Vader (che si dice Dartfener e se ti scappa di dire “vader” qualcuno che ti guarda con il sorrisetto lo trovi di sicuro), che è poi – ma che ve lo dico a fare? – il padre di Luke che, nella “seconda trilogia”, da bambinetto piuttosto vivace diventa proprio un cattivo con i fiocchi. Ecco, è questo che mi colpisce di Guerre Stellari, che alla lunga la memoria dei buoni sfumi (con un’eccezione per Yoda e Han Solo, sulla quale torneremo), mentre i villain di ogni specie prosperano. Andate in un negozio di giocattoli e capirete che voglio dire: si vendono solo caschi da “Dartfener”, spade laser rosse (quelle dei buoni sono azzurre, come sapete bene) e qualche maschera bianca da Stormtrooper, ovvero di quei soldati di cui l’asmatico signore oscuro era il comandante (lo so, lo so, lo sapete benissimo). Ora, che il male abbia un suo fascino posso capirlo – chi non ha mai avuto per un attimo la tentazione di sapere cosa sarebbe successo se, chessò, ne La bella addormentata nel bosco, il drago avesse sgranocchiato il principe? – ma qui c’è una vera e propria inversione. Almeno da un certo momento in poi, quello nel quale hanno vissuto “i giovani”, come avrebbe detto il sempre amato Presidente Pertini, l’immaginario di Guerre Stellari è legato alla malvagità.

 

Ed eccoci al punto, il solito di qualunque storia che si rispetti: buoni e cattivi. Se c’è un buono è perché da qualche parte c’è un cattivo. Senza una polemica non soltanto la storia non avrebbe fascino ma non si produrrebbe affatto. Avete presente uno che vi racconta di un mondo in cui tutti solo felici e generosi e vivono ogni giorno facendo del bene? Noia mortale. Non solo i cattivi ci vogliono, ma devono avere a cuore (già, anche loro ne hanno uno) proprio quella cosa a cui i buoni tengono tanto. Perché se il buono vuole, poniamo, una principessa e al cattivo le principesse non interessano per nulla, niente da fare, la storia non va. Vi siete mai chiesti perché tutti cattivi che si rispettino vogliono tutto? Per questo, per risolvere la possibile mancanza di uno straccio di conflitto d’interesse. Ma se in una storia c’è un cattivo, c’è più di una controparte molesta che vivacizza l’azione, c’è un’altra storia. Anche se di solito le storie preferiscono seguire la prospettiva dell’eroe, ognuna di esse ne contiene un’altra, quella di un antieroe senza il quale l’eroe sarebbe niente più che un biondino desideroso di mettersi in mostra. Si può insomma sempre fare come ha fatto Borges nel suo La casa di Asterione, e decidere di raccontare una storia come quella di Teseo e il Minotauro da una prospettiva diversa, quella dell’antieroe appunto, un mostro che lo scrittore ci presenta come un animo sensibile agli occhi del quale tutti gli elementi del racconto (labirinto in testa) acquisiscono un valore completamente diverso.

 

Ma ritorniamo a Guerre Stellari. Già, “Guerre Stellari”, non Star Wars, non per me almeno. Avete notato? È una questione di generazioni: quelli che si ricordano Pertini dicono Guerre Stellari, i ragazzini che chiedono a Babbo Natale la maschera di Dartfener dicono Star Wars. Non sono semplici questioni linguistiche figlie di un marketing sempre in ansia di rinnovare il “brand”, la differenza fra Guerre Stellari e Star Wars esiste eccome e sta proprio nel sistema di valori di cui dicevamo. Non sto dicendo che tutti i giovani spettatori di Star Wars siano votati al male, per carità, non mi fraintendete che con il bene e il male di questi tempi non è il caso di scherzare. Sto dicendo che l’immaginario che si è costituito intorno a questa serie di film privilegia gli antieroi a scapito degli eroi. So bene, peraltro, che l’idea è che, in fondo, Anakin non avesse niente che non andava quando era bambino, che ha avuto una vita infelice, che non è sempre stato cattivo ma che ci è diventato, e soprattutto che, dopo sei film (tre della seconda trilogia in cui è il protagonista e tre della prima in cui è il cattivo), si è redento fino a comparire nel Valhalla degli Jedi alla fine de Il ritorno dello Jedi. Tema piuttosto di moda quello della difficile vita del cattivo, lo avrete notato. Anche la strega del già citato La bella addormentata nel bosco hanno tentato di salvare nel recente Maleficent, raccontandoci i retroscena della vita di una Malefica-Angelina Jolie. Alla faccia dei traumi: come ti chiami bella bambina? Malefica. Ah. Il sospetto che sia tutta colpa della psicologia infantile viene e tuttavia, nel caso dell’universo Star Wars, non possiamo non invocare quantomeno il concorso di colpa. Temo che il punto non siano tanto i cattivi, i loro traumi infantili, la redenzione e il resto, quanto i buoni. Finché c’erano Luke e Leila, a parte i capelli (biondo lui, ipertricotica lei… no, non erano cuffie quelle che aveva ai lati della testa, erano capelli annodati), c’era ancora partita. L’incesto sfiorato, la scoperta di essere fratelli, il desiderio di sapere la verità e di salvare il mondo nonché, per Luke, quello strano fascino che dava la spada laser e i principi cavallereschi dello Jedi in un mondo che sembrava usare le pistole e aver dimenticato ogni legge morale. La storia reggeva. Ma soprattutto c’era la Forza, a metà tra una religione e un’arte marziale, con le sue regole e i suoi poteri, con il suo appalesarsi ogni tanto per dare una mano agli eroi, ma anche con il suo essere un po’ debole, tanto da scomparire di quando in quando. Ricordate la scena dell’X-Wing affondato nella melma ne L’Impero colpisce ancora? L’unico che aveva sempre la stessa Forza era proprio Darth Vader. Per Luke era qualcosa da conquistare, da imparare a usare, una sorpresa continua insomma. L’oggetto-non-oggetto magico perfetto. Nella seconda trilogia, la Forza è potente, i Jedi all’ordine del giorno, le spade laser un must, ed ecco che il fascino di tutto questo passa in secondo piano, con buona pace di un male che, alla fine, sembra essere l’unica alternativa accattivante. Se Vader diventa il protagonista indiscusso, la maschera che tutti vogliono indossare, è perché, a ben pensare non ci sono molte alternative. Il bene in Star Wars non ha anima, non ha cuore.

 

Gli unici che resistono sono appunto Yoda e Han Solo, e non a caso. Il secondo è un delinquente: ladro, contrabbandiere, truffatore, anche lui gode dunque del fascino del villain senza esserlo fino in fondo (ma chi lo è? Un trauma infantile ce lo abbiamo tutti). Quanto al primo, le cose sono più complicate. Innanzitutto Yoda è un alieno, un mostriciattolo verde con le orecchie a punta che si differenzia dunque sia dagli umani sia da coloro che, come Darth Vader, sono per metà macchine e si danno a vedere come tali. E poi Yoda è un saggio, un pensatore, il custode del segreto della Forza. D’altronde, il fisico non lo accompagna, non solo quando è vecchio (nella prima trilogia) ma anche da giovane. Una cosa lo rende speciale: una Forza inversamente proporzionale alla sua stazza. E se anche può sembrare un po’ ridicolo quando agita la sua spadina verde come una trottola nella seconda trilogia, è chiaro che è proprio questo contrasto a renderlo interessante. Per inciso: la sua spada è verde, non azzurra. Rompe insomma la regola cromatica, segnando così il proprio essere diverso. Yoda è la Forza e quella, malgrado tutto, rimane interessante. Val bene una magliettina.

 

Ed eccoci infine al nuovo film. Cosa succederà? Riavremo un eroe positivo? Nei negozi di giocattoli troveremo una maschera diversa? A giudicare dalla pubblicità (da Fiat a Telecom) l’azzurro impazza facendoci ben sperare. La mia personale speranza tuttavia va da un’altra parte. Mr. Ford, si è assicurato che qualche spiritoso sceneggiatore non volesse rovinare il personaggio di Han Solo prima di interpretarlo, vero? Che la Forza sia con tutti noi.

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