L'autenticità e il sacro. Intervista a Gilles Lipovetsky

2 Settembre 2022

Nessuno come Gilles Lipovetsky (1944) è riuscito in questi anni a restituire un ritratto così acuto delle società liberiste e democratiche, disegnando in molti libri il nuovo modello antropologico dell'homo consumericus, un fallimento, se pensiamo che il progresso tecnologico, invece di salvare il mondo trasformandolo, si è messo al servizio del consumatore, che è passato dall'essere un burattino manovrato dai brand globali, a rivestire il ruolo di giudice spietato dei brand stessi. Questo paradosso vuole che il nuovo consumatore eserciti le sue armi di ricatto sui social network, vissuti e utilizzati come esercizio di critica e di libertà, ma rimuovendo la loro pervasività totalitaria. Marxista agli inizi della sua carriera di docente universitario, Lipovetsky è oggi uno dei critici del capitalismo come "unico modello economico legittimato": i suoi libri, quasi tutti tradotti in italiano, sono indispensabili per capire la globalizzazione, il consumismo, i nuovi mercati alla luce dell'individualismo, il nuovo mantra contemporaneo che rompe con la tradizione e il passato per immaginare un futuro all'insegna del piacere e della realizzazione di sé. Di questi temi parla anche il suo ultimo libro La Fiera dell'autenticità (Marsilio, 2022), in corso di traduzione anche in Spagna, Portogallo, Brasile e Arabia Saudita. Lipovetsky ha accettato di rispondere ad alcune domande.

D. Il titolo del suo libro è tradotto in italiano come La Fiera dell'autenticità. Cosa prevale nell'epoca in cui viviamo: l'aspetto ritualistico, quasi religioso dell'essere o del sentirsi "autentici" o un esibizionismo più superficiale?

 R. Viviamo il momento della consacrazione dell'autenticità. Vuol dire che l'ideale del "be yourself" è diventato un valore quasi consensuale, un nuovo assoluto etico nell'era dell'iper modernità. Nulla sembra più legittimo che vivere secondo il nostro io individuale, esprimerlo con i nostri desideri, cessando di regolare la nostra individualità su quella degli altri. Essere pienamente sé stessi è diventato un ideale diffuso, generalizzato, che gode oggi di una legittimità mai vista prima, almeno nell'Occidente. Chi contesta nelle nostre società, a parte i movimenti integralisti e fondamentalisti, il diritto di ciascuno a disporre liberamente di sé stesso? Il "sacro" dell'autenticità significa il culmine di questo culto, l'apice del suo impatto sociale, la consacrazione dell'ideale di sovranità su sé stessi. Il rapporto che abbiamo con l'autenticità non è né religioso, né esibizionista, né superficiale: è identitario, e struttura la nostra identità moderna, secondo un'antropologia individualistica totalmente nuova. Ma “sacro” significa anche che abbiamo fatto dell'autenticità un valore di culto in un numero vastissimo di ambiti. Oggi chiediamo autenticità per tutto: nelle pietanze che mangiamo, nei luoghi che visitiamo, nell'arredamento delle nostre case, nella moda, nella bellezza, nell'istruzione, nel mondo dei marchi commerciali, nella leadership degli affari, nella vita politica e religiosa. L'autenticità è diventata un mantra, il "new cool", la parola preferita per vendere, comunicare, rassicurare, suscitare desiderio al meglio.

D. È tipica del nostro tempo, quindi, questa spinta individualistica?

R. È a partire dagli anni '70 che l'ideale dell'essere sé stessi ha funzionato come potente trasformatore antropologico, di un cambiamento radicale nei modi di pensare e di esistere, un agente moltiplicatore di una nuova civiltà di individui interessati a espandere le loro libertà soggettive, di inclusione e conseguente riconoscimento sociale. Non sono né l'aspetto rituale né le forme superficiali di molte manifestazioni del fenomeno che mi sembrano significativi. L'autenticità personale si è imposta come forza-valore, generando una profonda ridefinizione del rapporto degli individui con sé stessi, nei rapporti con gli altri e con le principali istituzioni sociali, anche se la "fiera" ha mostrato a volte gli aspetti dell'autenticità più hollywoodiani e disneyani, quelli più appariscenti. Ma è la civiltà individualista ad essere inseparabile dalla formidabile spinta sociale verso l'ideale di autenticità soggettiva. 

D - È interessante notare che spesso l'aggettivo “sacro” che ha a che fare con qualcosa di religioso o rituale, viene traslato in un'accezione mondana. Anche Le sacre du Printemps di Igor Stravinsky, per esempio, in italiano è tradotto con "la sagra" della primavera. Come se il rito, le cerimonie che regolano certe consuetudini debbano per forza essere profane, e il "sacro" dovesse trasformarsi sempre in una fiera, in una sagra, in un'esibizione ludica. Come mai? 

R. Evidenziare, come nella traduzione italiana del libro, l'idea di una “fiera dell'autenticità” mi sembra alquanto interessante e suggestiva perché mette in evidenza come i principi del capitalismo e dell'individualismo edonistico siano riusciti a rimodellare l'ideale etico di autenticità apparso nel XVIII secolo con Rousseau. Nella società dei consumi e della comunicazione è un uomo nuovo che si rivela, l'autenticità soggettiva si manifestava nel passato nei dei diari privati: ora si mostra nell'iper spettacolo dei reality. Esalta la profonda conoscenza di sé attraverso un lungo e meticoloso lavoro di introspezione, si mostra, tramite i selfie, le foto divertenti su internet, i post su qualsiasi cosa, nella fiera dell'intrattenimento e dell'insignificanza. I vecchi limiti legati al pudore sono saltati: sul web tutto si può dire e mostrare, fino alla vita sessuale più segreta ed estrema. L'etica dell'autenticità era, in Rousseau, Heidegger o Sartre un imperativo morale esigente e intransigente, è diventata un diritto soggettivo allo stare bene con sé stessi, alla realizzazione personale. Si è passati dall'autenticità rigorista-tragica all'autenticità eudemonica, nella ricerca della felicità come scopo, post-eroica, post-sacrificale. E la richiesta radicale di verità su se stessi spesso vira nell'autenticità-spettacolo del marketing, della pubblicità, del turismo disneylandizzato, delle sagre nei villaggi e nelle città per attirare i turisti.

D - Quindi l'autenticità è un paradosso? Come si può essere autentici quando la quasi totalità delle nostre esperienze dipende dall'universo programmato del mercato?

R. La mercificazione dei desideri e degli stili di vita non impedisce che negli acquisti prevalgano i gusti, le preferenze personali, il rapporto intimo con se stessi. Se alcuni comportamenti conformisti restano, altri si fanno largo esprimendo autenticità personale. Lo ha detto bene il filosofo Charles Larmore: il modo di essere autentico non richiede pensieri e comportamenti singolari e originali, non richiede che ci liberiamo da ogni determinazione sociale perché il "vero" sé porta sempre, inevitabilmente, il peso del sociale. Ciò non rende però impossibile un rapporto autentico con sé stessi, se definiamo l'autenticità il modo in cui facciamo nostro un modello eteronomo, la maniera in cui possiamo appropriarci personalmente di ciò che è al di fuori di noi stessi. Siamo noi stessi e quindi autentici quando, invece di allinearci a un modello esterno per ottenere l'approvazione degli altri, diventiamo una cosa sola con ciò che riceviamo dall'esterno, quando lo riportiamo a noi stessi, e non per ottenere la stima o l'approvazione degli altri. 

D - Il metaverso ci costringerà ad avere un avatar e già adesso su Instagram, Facebook e Tik Tok non diciamo spesso la verità. I social media sembrano un ottimo allenamento a sembrare più che ad essere. La ricerca dell'autenticità è una reazione al doppio che ci perseguita?

R. Il metaverso non abolirà il valore che attribuiamo al vero, all'autentico. Il bisogno di vivere “in carne e ossa” le esperienze continuerà irresistibilmente poiché siamo esseri incarnati. La realtà virtuale non potrà mai eliminare il desiderio di vivere dal vero il rapporto con il mondo e con le cose. Il valore dell'autenticità non va inteso, a mio avviso, come una reazione ai doppi del mondo tecnologico o all'invasione del mondo commerciale: deriva da una società secolarizzata e de-tradizionalizzata, in cui non si riceve più la Legge dall'esterno, e dove ognuno deve essere sé stesso, "inventarsi", come diceva Sartre. 

D - Lei parla del “feticismo dell'autentico”. Il feticismo come forma di religiosità primitiva, il culto reso agli oggetti secondo forme magiche o animistiche o come perversione?

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R. Idolatria, feticismo…Sono ben lungi dall'essere il primo a fare un uso laicizzato di questi concetti. Li uso un po' come faceva Marx, quando parlava del carattere feticistico delle merci. In piena era ipermoderna, la richiesta di autenticità ha qualcosa di magico perché è come un passe-partout in grado di risolvere tutti i problemi del mondo: il pericolo climatico ed ecologico, la crisi economica, quella dell'istruzione, le minacce alla democrazia liberale, l'aumento delle disuguaglianze sociali. Eppure sembra chiaro che nessuno di questi immensi problemi sarà risolto dagli appelli alla vita autentica. Tutto questo parlare di autenticità sembra un incantesimo, una chimera che non è all'altezza delle sfide collettive e planetarie del nostro tempo. Contro questo feticismo dell'autenticità, dobbiamo sottolineare che è ben lungi dall'essere la cura miracolosa per le nostre disgrazie.

D - Un capitolo è dedicato al sesso. Cosa significa "autenticità erotizzata"? E cosa c'entra l'autenticità con il movimento #metoo e in che modo l'eros e le rivendicazioni femministe hanno a che fare con la cultura dell'autenticità? 

R. Dagli anni '70 è stato avviato un processo di empowerment del sesso in relazione alla moralità, con il risultato finale della liberalizzazione dei costumi, con il diritto a una sessualità appagante, qualunque essa sia. In nome dell'ideale dell'autorealizzazione, si è affermato il diritto a condurre una vita sessuale come ognuno desidera, il piacere erotico consentito in tutte le sue forme e per tutti. Autenticità in materia erotica non significa poter condurre la propria vita sessuale liberamente, poter vivere una sessualità ricreativa, indipendente dalla sessualità procreativa e libera da ogni prescrizione morale o religiosa. Non è l'aumento della violenza sessuale che sta alla base del movimento #metoo, ma la spinta ad essere pienamente se stessi. È stato questo movimento a cambiare radicalmente il livello di tolleranza verso il maschilismo, sono le donne del #metoo ad aver promosso la tolleranza zero per il sessismo tradizionale.

L'ideale di essere sé stessi porta, infatti, al rifiuto dei codici sociali che ostacolano la libera disposizione di sé e la piena determinazione delle persone. Quello che prima era considerato "normale" o "naturale" nelle relazioni uomini-donne non lo è più. Se vince il principio della piena affermazione di sé, le sollecitazioni sessuali indesiderate e la condizione di oggetto sessuale subordinato al desiderio maschile non sono più accettabili. Inevitabilmente, l'etica dell'autenticità spinge a ribellarsi ai comportamenti maschili che riducono le donne a oggetto sessuale passivo, minando i principi dell'autonomia soggettiva e del libero consenso. Con il predominare della cultura dell'autenticità personale, tutto ciò che genera disagio, sofferenza soggettiva, scarsa immagine di sé viene inesorabilmente denunciato. L'immensa eco che incontra il tema delle molestie sessuali è l'effetto della cultura del sé, della priorità che dà all'esperienza soggettiva e allo sviluppo individuale. Quando l'etica della realizzazione soggettiva domina, ciò che provoca sofferenza interiore, ferisce l'autostima e distrugge la fiducia in sé stessi, non può che essere visto come qualcosa di vergognoso da stigmatizzare, correggere ed eliminare. 

D - Interessanti anche le contaminazioni che lei mostra dell'"autentico" e del "naturale" con il marketing più spregiudicato. Siamo vittime di un imbroglio? 

R. Non tutto ciò che riguarda il marketing è necessariamente una truffa. Per esempio, la vendita dei prodotti biologici non è un inganno, anche se ci possono essere alcuni problemi legati a cause energetiche dovute ai lunghi trasporti e che rimangono nascoste ai consumatori di prodotti naturali. La promozione dei prodotti da agricoltura biologica è un passo nella giusta direzione. Lo stesso vale per il marketing della trasparenza, che rivendica autenticità, sincerità e onestà dei brand riguardo all'origine dei prodotti, alla catena di approvvigionamento, ai metodi di produzione, ai costi, ai prezzi e persino ai margini di profitto. Dall'altro lato, l'apparente dimostrazione dell'impegno di alcuni marchi al servizio di una causa sociale o ecologica mette in dubbio l'autenticità delle loro azioni perché abbiamo imparato ormai che troppo spesso sono green washing o social washing, semplici operazioni promozionali per aumentare le performance dell'azienda. Poi c'è una falsa autenticità che è al centro del “marketing dell'autenticità”, una pseudo-autenticità guidata dalla ragione commerciale. Il confezionamento retrò dei prodotti industriali, l'allestimento vintage dei negozi, la grafica come quella di una volta, l'arredamento tipico di pizzerie e ristoranti di campagna: siamo alla simulazione del passato, è il falso autentico, la truffa dell'autenticità. Sono manufatti fasulli, imitazioni ripetute attraverso decorazioni e simboli stereotipati, tocchi sentimentali di ancestralità fatti per attirare un certo tipo di consumatori. Sono tecniche di seduzione, non approcci che esprimono una vera ricerca di autenticità.

D - L'etica dell'autenticità era tipica due secoli fa delle minoranze colte, oggi è prerogativa delle masse omologate dai social network. Come mai?

R. Non è tanto la controcultura degli anni '60 e '70 la grande forza che ha portato al riconoscimento unanime dell'ethos del "be youself", è proprio il capitalismo consumista stesso. È il consumismo che ha diffuso su scala immensa, nelle nostre democrazie, la nuova cultura centrata sul benessere, sul piacere e sull'appagamento immediato dei propri desideri. È attraverso la promozione della cultura di massa edonistica che l'autorealizzazione è diventata l'obiettivo centrale del nostro tempo. Celebrando la felicità individuale, il godimento delle novità, la vita al presente, il capitalismo consumista ha infranto la forza delle norme tradizionali a favore del diritto all'autonomia personale, a vivere in armonia con sé stessi e a decidere liberamente come farlo. Indebolendo la forza dell'autorità delle norme religiose e il potere di imposizione dei codici tradizionali, il capitalismo consumista ha permesso all'ideologia dell'autenticità di essere accolta plebiscitariamente. Se il capitalismo consumista crea assoggettamento al mercato dei beni, è anche alla radice di una potente ondata di detradizionalizzazione degli stili di vita, individualizzazione delle aspirazioni, legittimazione dell'autogoverno. La sottomissione ai beni di consumo ha funzionato come veicolo per l'empowerment degli individui, il grande strumento per la consacrazione della libera autodeterminazione. La grande ironia della storia moderna: è l'ordine economico denunciato come fonte di alienazione, macchina di espropriazione soggettiva, che è stato, attraverso la normalizzazione consumista, il vettore primordiale dell'accettazione unanime del principio della libera determinazione di sé.

D - L'ideologia "woke", l'ossessione per il linguaggio (lo "schwa"), la lotta per il "genere": l'identità delle persone sembra sempre più legata all'autenticità. È vero? È una spinta per essere autentici? 

R. Il diritto ad essere sé stessi, motore di vari movimenti progressisti (femministi, gay, transidentitari), è poco accettato, per non dire respinto da altre correnti ("decoloniali", "indigene", "comunitariste", di "femminismo intersezionale", "woke", "cancel culture"). Sono altri i concetti e i principi ora in odore di santità: identità, genere, razza, orgoglio comunitario, “intersezionalità”, diritti delle minoranze e particolarismi che sfidano la libertà di coscienza e di espressione del mondo democratico. Si dispiega una nuova corrente liberticida che, attraverso pratiche di intimidazione e intolleranza alle opinioni divergenti, invoca censure e autocensure, si afferma in diretta opposizione al principio della libertà dell'affermazione soggettiva. La nebulosa “decoloniale” e “indigena” riduce tutti i problemi in termini di identità etno-razziale collettiva. I comunitarismi funzionano come forze che si oppongono al diritto all'autenticità del sé; le correnti nella lotta al sessismo o al razzismo non lottano più per l'ideale dell'essere incondizionatamente se stessi, ma per il Noi comunitario, sessuato e razzializzato. Reclamando particolari diritti collettivi, i movimenti comunitari fanno presa sui diversi gruppi degli individui che ne sono membri: li confinano nel loro particolarismo a scapito della loro libertà personale, perpetuando e consolidando il dominio della comunità sull'individuo. Questi gruppi culturali possono così rafforzare addirittura l'oppressione che esercitano contro alcuni dei loro membri e relegano le donne, in particolare, a uno status inferiore. Non ci sbagliamo per favore: l'autenticità personale è tutt'altro che un'aspirazione di un'epoca passata. Qualunque sia il successo nelle università americane e ora europee del movimento woke e della retorica comunitaria, è sempre l'esigenza di essere pienamente sé stessi che alimenta le nuove rivendicazioni di identità, le lotte contro la discriminazione e le offese subite. Non sono da sottovalutare le minacce alle libertà personali, ma è evidente l'illusione che, alla luce di queste nuove correnti, diagnostica il superamento della cultura dell'autenticità. Spinto dalle nuove richieste e lotte comunitarie per il riconoscimento del sesso e delle identità di genere, l'ideale individualistico dell'autorealizzazione è più che mai all'opera nel nostro mondo.

D - L'autenticità, con le deviazioni e le corruzioni che descrive nel suo libro, è dunque ancora un valore? 

R. Bisogna essere vigili. Le minacce alle libertà individuali, in particolare quelle delle donne, sono presenti in un numero elevatissimo di paesi. Quasi ovunque i fondamentalismi religiosi attaccano il diritto degli individui, donne, gay, trans, di disporre liberamente di sé stessi. E non solo in Afghanistan: anche negli Usa la Corte Suprema è tornata sulla storica sentenza del 1973, che permetteva l'interruzione volontaria della gravidanza, garantita dalla Costituzione. Di fronte a queste minacce, dobbiamo difendere più che mai l'etica dell'autenticità individuale come condizione assoluta della libertà di autodirigersi e cercare la felicità con i propri mezzi. Naturalmente, l'autenticità non salverà il mondo. Resta il fatto che è un valore fondamentale e primario, assolutamente necessario per costruire un mondo di autonomia individuale.

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