In cammino

17 Marzo 2011

In una lunga conversazione che si può leggere in un bel libro intitolato Fare un film, Federico Fellini parla del suo rapporto con Rimini, la sua “patria”: Fellini racconta che a Rimini non tornava mai volentieri, perché quel luogo gli trasmetteva un senso di inquietudine, come se la sua città natale nascondesse da qualche parte una folla di “fantasmi già archiviati”. Quando pensa a I vitelloni, il film in cui ritornano a galla memorie della sua giovinezza, Fellini decide di girare a Ostia, perché Ostia è una Rimini che non è Rimini, una Rimini più docile e disponibile a lasciarsi inventare. Riavvicinarsi alla patria significa per lui prima di tutto allontanarsene, difendersi, lasciare che le memorie si offrano nella loro natura di falsi necessari, di spettri resi innocui dalla distanza.
“Io, la mia patria, or è dove si vive”, Pascoli lo aveva già avvertito nel momento in cui si è verificato un mutamento irreversibile dell’idea di appartenenza a un luogo. Il ritorno in patria dell’esule volontario e del viaggiatore novecentesco non ha più i caratteri del riconoscimento, del rispecchiamento in una storia che appartiene a una nazione, a una famiglia, agli avi di cui parla Primo Levi. Il viaggiatore torna in patria non per “appaesarsi”, ma per sentirsi disperso, come racconta Gianni Celati nei taccuini d’osservazione che ha raccolto in Verso la foce (1989), al termine di un percorso a piedi nella pianura padana fino alle foci del Po, attraversando i paesi dove i suoi genitori sono nati e cresciuti. Non si tratta di un cammino verso una meta che coincide con la scoperta di sé, delle proprie radici familiari, dei valori legati a una terra di tradizione contadina, ma di una quête che ha come unico esito una pulizia dello sguardo, che procedendo nell’incertezza delle apparenze abbandona passo dopo passo tutti i cliché a cui il concetto di patria si lega inevitabilmente. Tornato in patria il viaggiatore si ritrova infine smarrito, senza più nessun luogo che possa dire suo, lucidamente iscritto a un’anagrafe disseminata e irreperibile.

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